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Betty Davis: They Say I’m Different
They Say I'm Different
MVD Visuals
2020
Betty Davis, nata Betty Mabry, divenne la moglie di Miles Davis nel 1968 e cambiò profondamente la vita e le scelte artistiche del grande trombettista americano. Betty buttò alle ortiche tutti i suoi abiti sartoriali italiani e lo portò a fare shopping nella boutique delle amiche di Jimi Hendrix. La musica di Miles si spostò decisamente verso il jazz elettrico che si stava, faticosamente ma inesorabilmente, facendo conoscere. Da quel momento in poi, il geniale trombettista ne divenne l'apripista insuperabile.
Questo bel documentario, diretto da Phil Cox, con la preziosa assistenza della produttrice Giovanna Stopponi e dell'editor Esteban Uyarra, racconta la storia della riscoperta di Betty, andando a stanarla in una piccola località dalle parti di Pittsburgh, dove si era nascosta da oltre trent'anni, facendo seguito alla sua scelta di abbandonare la scena musicale, troncando bruscamente ogni contatto.
In realtà la riscoperta di Betty si deve tutta al critico musicale John Ballon, che la rintracciò una quindicina di anni fa e le dedicò un lungo ed eccellente articolo sulla rivista Wax Poetics (maggio 2007). Da quel momento nacque l'interesse concreto della casa discografica indipendente di Seattle, suggestivamente denominata Light in the Attic, gestita dal bravo Matt Sullivan.
Quindi il lavoro di riscoperta di Betty Davis era già in qualche modo stato fatto e la ristampa molto curata degli album di Betty per Light in the Attic aveva riportato le cose in ordine, se così si può dire. La vera difficoltà che Phil Cox e la sua squadra hanno dovuto affrontare, è stata quella di convincere Betty a farsi intervistare e a raccontare la sua storia. Fortunatamente è saltato fuori anche un breve filmato di Betty on stage a metà degli anni settanta e il giovane regista inglese ne fa buon uso segmentandolo e valorizzandolo nel montaggio. Molto interessanti sono anche le testimonianze di amiche e amici che hanno fatto importanti tratti di strada assieme a Betty. Lo stesso vale per molti musicisti che l'hanno affiancata durante la sua breve carriera di talentuosa cantante e autrice, sensuale, viscerale e diretta.
Betty ha collaborato con convinzione alla realizzazione di questo documentario, ma ha comunque deciso di non farsi mai riprendere il volto, per una sorta di pudore che rivela le battaglie inenarrabili che si sono succedute nella sua vita artistica e sentimentale. La sua forte espressività e la sua scelta di usare un approccio iper-aggressivo sul palco e nelle sue canzoni ha fatto spesso sostenere che Betty sia stata un fenomeno musicale vero che però è maturato con dieci anni di anticipo rispetto al resto del mondo. Molti hanno sostenuto che sia stata una sorta di Madonna ante litteram o, ancora meglio, la versione in anticipo di Prince al femminile. In realtà, ascoltando con attenzione l'album dei demo inediti del 1968-69, pubblicato, come sempre da Light in the Attic, nel 2016 ("The Columbia Years 1968-1969"), ci sentiamo in dovere di affermare che Betty è stata molto di più, una formidabile artista capace di intuire, assieme all'allora marito Miles Davis, la miscela perfetta per la musica del futuro, quella musica che sa trascendere i generi e sa parlare al profondo della nostra anima.
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