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Tempo Reale Festival - Suoni e musica di ricerca

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Tempo Reale Festival—Suoni e musica di ricerca
Firenze
Varie sedi
13-24.3.2024

Nell'anno del centenario di Luigi Nono era quasi doveroso che Tempo Reale —il Centro di ricerca, produzione e didattica musicale fondato da Luciano Berio —dedicasse uno spazio al compositore il proprio festival. Così, sebbene la recentissima scomparsa di Albert Mayr —compositore e ricercatore che ha lungamente collaborato con il Centro—abbia richiesto una doppia dedica, la rassegna s'è aperta mercoledì 13 marzo, presso la Galleria Frittelli, proprio con una serata incentrata sul Maestro veneziano fin dal titolo—Improvvisamente Nono —e che prevedeva quattro brani: tre di Nono e un'improvvisazione a lui ispirata.

Ha aperto un brano storico: La fabbrica illuminata, per soprano e nastro magnetico a quattro piste, del 1964, qui interpretato da Monica Benvenuti e che conservava l'elaborazione elettronica di suoni, voci e rumori raccolti all'epoca presso le Officine Ansaldo di Genova. Un esempio paradigmatico sia dello stile e dell'impegno musicale di Nono, sia dello spirito di quei tempi, nei quali la cultura classica e la sperimentazione —presenti nell'interpretazione vocale, al tempo stesso declamatoria e incentrata sulla vocalizzazione di singoli fonemi —venivano fatti interagire, contrastare, quasi scontrare con il suono della contemporaneità, così da far vivere anche nell'arte le contraddizioni dei tessuto sociale e politico.

Eco analoghe si percepivano nel secondo, breve brano, Omaggio a Emilio Vedova, del 1960, stavolta per solo nastro magnetico. Qui le elaborazioni elettroniche —al tempo assai più difficili da realizzare di quanto non sia oggi —avevano di mira l'evocazione delle opere del pittore, amico e collaboratore del compositore; anche in questo caso era presente l'intento di spingere la musica —per giunta quella "classica," ufficiale, artistica —in direzioni per l'epoca inesplorate, tanto che ancor oggi l'ascolto in una sala da concerto può suscitare qualche stupore.

La successiva composizione, Post-prae-ludium n. 1 per Donau per tuba e live electronics, in prima esecuzione a Firenze a dispetto del suo risalire al 1987, raccoglieva aspetti delle precedenti e li portava ancora oltre. A interpretarla —con Giovanni Magaglio e Francesco Vogli all'elettronica —era Giancarlo Schiaffini, che collaborò con Nono per metterla a punto e che il giorno successivo, in una Masterclass presso il conservatorio Cherubini, ne ha poi spiegato in dettaglio la complessa articolazione, mostrando anche la partitura originale. Il lavoro è un attento studio sulle molteplici possibilità di far interagire sia il suono acustico con l'elettronica, sia la composizione con l'alea---se non proprio con l'improvvisazione —, sia infine il suono con gli spazi, ispirazione che Nono riprendeva dal concittadino Giovanni Gabrieli.

Partendo dalla sperimentazione sonora svolta assieme all'esecutore, Nono ha elaborato in partitura una pluralità di possibilità opzionabili all'atto della performance, indicando ben precisi snodi del tessuto sonoro attraverso interventi congiunti —determinati suoni del tuba, altrettanto determinati interventi del live electronics, cambi di intensità, e via dicendo —così da permettere all'elettronica di far circolare, attraverso un apparato di amplificatori in quadrifonia, i suoni acustici, spesso volutamente prossimi all'inudibilità o di intensità timbrica tale da produrre effetti inauditi. Il tutto con l'intenzione di valorizzare la varietà del suono, accentuata dalla totale assenza di frasi. Al tuba sono richiesti quattro tipi di suono—soffiato, vibrato, falsetto e cantato —indicati in quattro partiture parallele, con alcune possibili linee di scelta; l'elettronica lavora su delay e feedback, con modalità e tempi precisamente indicati, mente il solista ha la libertà di mescolare le quattro linee. Nella composizione sono precisamente indicate anche le forme di emissione dei quattro altoparlanti.

All'ascolto, indescrivibile in parole, l'effetto è quello di un'immersione nel suono, a momenti ipnotica, a momenti sorprendente, con impressioni variabili dall'affascinante al disturbante —come nel caso dell'avvolgente e stordente effetto di una breve nota bassa del tuba, riverberata dall'elettronica sugli altoparlanti, posti anche alle spalle del pubblico. Una musica, quella di Nono, ancor oggi modernissima, che ha anticipato molte delle "invenzioni" della musica di ricerca dei quarant'anni successivi e che—come osservavamo anche dopo l'ascolto del Prometeo a Venezia —meriterebbe ben altra diffusione e attenzione.

La conclusione della serata è spettata a un'improvvisazione a tre voci, di nuovo con la soprano Monica Benvenuti e Schiaffini alla tuba, ai quali si è aggiunto Francesco Giomi ai live electronics. In questo caso l'improvvisazione non era stata preceduta da alcuna prova e ha idealmente preso ispirazione dai brani che l'avevano preceduta, rispetto ai quali è risultata pienamente coerente: ancora una volta, un'immersione nel suono, con minori cambi di scena rispetto al Post-prae-ludium, ma arricchita dal contrasto timbrico tra la tuba e la voce e dal tangibile interplay dei musicisti. Degna conclusione di una serata splendida, oltrechè unica.

Tra gli altri appuntamenti della rassegna, due giorni dopo, il 15 marzo nella sede di Tempo Reale a Villa Strozzi e dedicata alla memoria di Albert Mayr, è stata eseguita in prima assoluta Teoria e pratica del cambiamento. Libri I-IV, composizione di musica elettronica di Roberto Doati. La composizione era ispirata alla Music of Changes di John Cage, opera per pianoforte del 1951 composta con l'ausilio dell'I-Ching, della quale venivano riprese partizioni e durate, ma soprattutto la non intenzionalità procedurale. I suoni, provenienti da estratti di opere pianistiche, erano ampiamente sottoposti a un trattamento elettronico che ne nascondeva largamente l'origine. Anche in questo caso l'esecuzione si avvaleva di una molteplicità di diffusori che circondavano il pubblico e dirigevano spazialmente il suono, in funzione dei mutamenti timbrici e dinamici. I "cambiamenti" avvenivano con gradualità ed erano spesso minimali, trasportando impercettibilmente l'ascoltatore in situazioni sonore significativamente diverse. Un altro esempio di quello che Schiaffini, nella sua lezione, riprendendo Leroy Jones aveva definito "suono significante," sottolineando quanto poca attenzione gli si dedichi oggi nello studio e nella realizzazione di nuove opere.

Il festival si è poi concluso domenica 24 marzo ai Cantieri Goldonetta con un curioso allestimento: "Foosball. Azione sonora partecipata per una pluralità di giocatori di calcio balilla e live electronics." Si trattava di tre biliardini, ossia calcio balilla, muniti ciascuno di più microfoni e sensori, i suoni dei quali venivano riprodotti da diffusori ai lati della sala, missati con suoni campionati. Ne scaturiva un'atmosfera che ricreava quella di un torneo, seguendo l'andamento prodotto in diretta dai partecipanti alle partite, alcune giocate da professionisti, altre invece dal pubblico stesso, incluso l'autore di questo articolo. L'allestimento era stato sperimentato lo scorso anno presso il Museo d'Arte Moderna di Bologna e qui trovava una sua replica, in un ambiente peraltro di forte suggestione —i Cantieri Goldonetta sono il "tempio" fiorentino della danza contemporanea. Un modo originale e scanzonato per concludere una rassegna di musica considerata, a torto o a ragione, "difficile" e che infatti ha attratto nel pomeriggio della domenica un pubblico piuttosto ampio e diversificato.

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